C’era una volta la citta dei matti - Sociologia


Il film C’era una volta la città dei matti, diretto da Marco Turco, racconta la vita e l’opera di Franco Basaglia, psichiatra rivoluzionario che negli anni ’60 e ’70 ha condotto la lotta contro i metodi repressivi dei manicomi in Italia, portando alla Legge 180 del 1978 (la “Legge Basaglia”), che sancì la chiusura delle strutture manicomiali. Dal punto di vista sociologico, il film offre una prospettiva critica sul sistema istituzionale e le sue pratiche di esclusione, rappresentando un momento cruciale di trasformazione culturale e sociale.

Uno degli aspetti principali che emerge dal film è l’analisi delle istituzioni totali, concetto chiave dello studioso Erving Goffman. Nella sua opera Asylums (1961), Goffman descrive le istituzioni totali come luoghi in cui le persone sono separate dalla società e sottoposte a regole rigide e a una vita regolamentata, spesso disumanizzante. I manicomi rappresentano un esempio emblematico di queste istituzioni, dove la stigmatizzazione dei pazienti come “malati mentali” giustificava la loro segregazione e il controllo sociale.

Nel film, il manicomio viene mostrato come un luogo dove i pazienti non solo vengono privati della loro libertà, ma anche della loro identità e dignità. Attraverso le pratiche coercitive e i trattamenti degradanti, le persone internate sono costrette ad assumere un ruolo passivo che le stigmatizza ulteriormente e perpetua un circolo di esclusione sociale. La presenza del protagonista Basaglia evidenzia un approccio completamente diverso: egli cerca di restituire umanità e soggettività ai pazienti, contrastando la logica della “normalizzazione” forzata.

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